Gary Hughes
Di seguito potete leggere un resoconto dettagliato delle informazioni che abbiamo raccolto durante la missione, ma prima vogliamo fare una lista sommaria di quelli che saranno gli effetti del progetto sull’ambiente che abbiamo visitato.
Prima di raggiungere un fiordo bagnato dall’Oceano Pacifico, il fiume Pascua, nella Patagonia cilena, attraversa per oltre quaranta miglia le due zone ghiacciate più grandi al mondo se si eccettuano l’antartico e la Groenlandia, facendosi strada tra due catene montuose. Il Pascua nasce da uno dei più profondi laghi sud americani ed è uno dei fiumi più impetuosi di tutto il mondo, incastonato in un intrico di canyon e ghiacciai.
E’ anche uno dei più inaccessibili. Oggi esiste solo una strada che porta nei pressi del Pascua. E’ conosciuta come la “strada di Pinochet”, dal momento che l’ex dittatore cileno spinse molto per la sua costruzione.
Nonostante tutti gli ostacoli esistenti, una spedizione organizzata da International Rivers si era riproposta di iniziare il suo viaggio dalle foci del Pascua ed espolare quanto più territorio possibile nello spazio di una settimana. Inoltre, sebbene le missioni sui fiumi vengano fatte passando buona parte del tempo a bordo di un’imbarcazione, abbiamo deciso che il Pascua era troppo impetuoso per farlo. Si è andati in kayak solo una volta e unicamente per una porzione. Il nostro gruppo di otto persone, prive delle necessaria esperienza, è stato dissuaso dall’affrontare qualsiasi tipo di navigazione sul Pascua.
Gary Hughes

Gary Hughes
Il giorno prima di iniziare la spedizione alle fonti del Pascua, siamo andati con i residenti del paesino di Villa O’Higgins e membri del Consiglio per la difesa della Patagoniaper visitare un luogo vicino alle prime cascate del fiume. Secondo la nostra guida, meno di 100 persone avevano mai visitato quella località a piedi. Sfortunatamente, se i piani per la costruzione delle tre dighe dovessero andare in porto, la cascata rimarrebbe sconosciuta per sempre.
Il gruppo Matte in Cile sta promuovendo la costruzione di queste dighe tramite una joint venture con la compagnia europea Endesa – di proprietà dell’Enel – “HydroHeysen”.
La nostra spedizione ha avuto l’obiettivo di verificare di persona cos’altro avrebbero distrutto il gruppo Matte, l’Endesa e l’Enel con le loro dighe. Sebbene la legislazione cilena preveda un tipo di “valutazione di impatto ambientale” pochi cileni – al di là dei potenti interessi che promuovono la costruzione delle dighe – parlano a favore del progetto. Considerando quanto sia remoto e difficile da esplorare il Pascua, finora la valutazione d’impatto ambientale è stata condotta solo tramite consulenti profumatamente pagati e che sono stati condotti sul Pascua in elicottero e per periodi di tempo molto limitati. Non crediamo che una tale valutazione possa portare ad una piena comprensione dell’impatto delle dighe sul fiume ed il suo ecosistema.
Cristián Saucedo
Avevamo inoltre bisogno di bere molta acqua del Pascua a causa delle nostre lunghe camminate a zaino pieno per un territorio impervio. In tre giorni abbiamo camminato per più di 10 ore – su e giù per i fianchi delle colline, attorno a burroni, attraverso una fitta vegetazione, muschio e fango – e uno strano tipo di terreno paludoso chiamato “maillin” – e infine sulla vetta di tre picchi, alti più di mille metri.
Eravamo sicuri di poter bere in abbondanza l’acqua più pura del pianeta. La prima sera dopo la partenza, il mio primo compito è stato aiutare a trasportare l’acqua del gruppo per la notte e il giorno seguente. Bere il primo sorso d’acqua del Pascua ha rotto un tabù che molti cittadini del mondo hanno contro l’acqua di fiume non bollita. Quanto è stato liberatorio e delizioso rompere quel tabù!
Dovevamo attraversare due fiumi, ma non come il Pascua, praticamente impossibile da guadare. Il percorso ci ha portato alla confluenza dei fiumi Quiroz e San Pablo con il Pascua. Per raggiungere il Quiroz, abbiamo attraversato il San Pablo senza problemi, attraverso una funivia installata anni prima dai predecessori della HydroHeysen. Le nostre intenzioni erano di oltrepassare il Quiroz attraverso la teleferica, ma il problema era che la cabina per l’attraversamento era stata lasciata dall’altra parte del fiume.
Risolvere quel problema ci ha portato ad uno dei momenti più drammatici della nostra spedizione. Abbiamo impiegato un giorno per raggiungere uan soluzione comune. Nel frattempo avevamo deciso di esplorare la zona. Abbiamo trovato due scheletri di huemul – probabilmente resti lasciati da un puma – e visto sia l’oca dalla testa grigia, sia il papero dei torrenti. Vicino due indicatori sulla mappa, abbiamo trovato anche dei cavi elettrici e una grossa buca scavata di recente – alcuni dei pochi segni di attività umana incontrati nella nostra spedizione. Non molto lontano da lì avevamo notato, inoltre, i segni dell’atterraggio di un elicottero, circondati da impronte.
Tornando al problema della funivia e della sua cabina, in realtà nient’altro che una scatola di metallo che poteva portare non più di una persona per volta: nel momento in cui ci siamo avvicinati alla funivia, senza far capire al gruppo le sue intenzioni, Rene, la nostra guida della riserva della Valle di Chacabuco, ha cominciato ad arrampicarsi sul cavo a mani nude. Per i primi minuti pensavamo che Rene, rendendosi conto della difficoltà dell’impresa, sarebbe tornato indietro. Ma, nonostante il Quiroz ruggisse sotto di lui – ad un certo punto il cavo si abbassava e il fiume gli colpiva letteralmente la schiena – Rene ha continuato ad avanzare. Sapevo che a metà strada le sue mani avevano cominciato a sanguinare a causa del tagliente cavo di metallo della funivia – lo vedevo immergere ripetutamente le mani in acqua – ma neanche questo lo ha innervosto. Prima che Gary ed io mettessimo a punto un piano per salvare Rene, nel caso in cui fosse caduto nel fiume, egli aveva raggiunto l’altra sponda e portato indietro la cabina.

Gary Hughes
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